mercoledì 9 aprile 2008

Canto della tristezza


(Di Pablo Neruda)




Non resta che invocare il tuo nome, creatore della vita:
soffro, ma tu soltanto sei nostro amico!
Parliamo solo il tuo incantevole linguaggio,
diciamo il perché della mia tristezza:
Cerco la grazia dei tuoi fiori,
l’allegria dei tuoi canti, i tuoi tesori.
Dicono che in cielo vi sia gioia,
vita e letizia: lì risuona il tamburo,
il canto è incessante e con esso si dissolvono
il nostro pianto e la tristezza,
nella sua casa dimora la vita… questo sanno i vostri cuori,
oh principi!
Perché tu mi oda
le mie parole
a volte si assottigliano
come le orme dei gabbiani sulle spiagge.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l'uva.
E le vedo lontane le mie parole.
Più che mie esse son tue.
Si arrampicano sul mio vecchio dolore come l'edera.
Si arrampicano così sulle pareti umide.
Sei tu la colpevole di questo gioco sanguinoso.
Esse fuggono dal mio rifugio oscuro.
Tu riempi tutto, tutto.
Prima di te popolarono la solitudine che occupi,
e sono abituate più di te alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che voglio dirti.
Perché tu oda come voglio che m'oda.
Il vento dell'angoscia ancora le trascina.
Uragani di sogni a volte ancora le abbattono.
Senti altre voci nella mia voce addolorata.
Pianto di vecchie bocche, sangue di vecchie suppliche.
Amami, compagna. Non abbandonare. Seguimi.
Seguimi, compagna, in quest'onda di angoscia.
Ma vanno tingendosi del tuo amore le mie parole.
Tu occupi tutto, tutto.
Ne farò di tutte una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l'uva.

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